Quest'importo copriva la
nave, struttura e macchinario, soltanto per i due terzi del suo costo
totale. L'ultimo terzo (500.000 sterline),
che corrispondeva agli arredi ed altre attrezzature, fu preso in carico della White Star Line medesima, ciò fece sì che ridusse il premio dell'assicurazione.
Né il carico, né i beni personali trasportati dai passeggeri,
erano quindi coperti dalla società marittima o dai suoi assicuratori.
All'inizio del 1912, quando fu lanciata la sottoscrizione, la Willis Faber
& Company Limited stabilì per il TITANIC una scheda
d'assicurazione sulla quale furono consegnati la natura del bene garantito,
i nomi delle grandi società ma anche tutti quelli dei piccoli assicuratori,
le loro firme e le quote del capitale garantite. Il tasso del premio d'assicurazione
del TITANIC fu stabilito allo 0,75% del capitale, da cui
un premio globale di 7500 sterline, importo che sembra irrisorio in raffronto
alla responsabilità dell'emittente. È ovvio che tutti
gli assicuratori posero la loro fiducia nel fatto che il TITANIC
fosse inaffondabile.
Il giorno stesso della sottoscrizione, il 58% del capitale (cioè
580.000 sterline) furono garantiti da grandi società, ed il rimanente
22% (ossia 220.000 sterline) da diversi altri assicuratori. Vi era
così soltanto poco tempo affinché il 20% restante fosse coperto.
La Commercial Union Assurance Company si fece carico di un capitale di 75.000
sterline: fra gli assicuratori più piccoli, numerosi furono coloro
che contribuirono ad alzare il premio di 500 o 1000 sterline.
Il TITANIC era registrato allo Lloyd's Register of Shipping
sotto il numero 131428.
Come risaputo, il TITANIC affondò, in Atlantico
pieno, il lunedì 15 aprile 1912, alle 2:20 e nel mese che seguì,
tutti gli assicuratori adempirono ai loro obblighi ed il capitale di 1 milione
di sterline venne versato alla White Star Line.
Essendo la società marittima risarcita, intervenne allora la nozione
di trasferimento di proprietà: il relitto, infrastruttura e macchinario,
appartennero ormai agli assicuratori. La scheda d'assicurazione del TITANIC
mostrò che sette grandi società si divisero insieme un capitale
di 380.000 sterline, che li resero così proprietari del 38% del relitto.
Fra esse, tre società, ancora in attività oggi, ebbero un
diritto di proprietà pari al 22,5%. Il 62% restante ritornò
almeno a 70 piccole società e piccoli partecipanti, quest'ultimi
rappresentanti di più di un centinaio di persone. Nessuno, tuttavia,
non esercitò i suoi diritti legali di proprietà e, in particolare,
le tre società che detennero le più grandi parti si erano
sempre rifiutate di farle valere. In compenso, non esiste alcun documento
di nessun tipo che attestò che, fra gli assicuratori del TITANIC, qualcuno abbia legalmente fatto atto d'abbandono della sua parte di proprietà
del relitto. Al contrario, questa parte sarebbe stata considerata come "res
nullis", cioè come non appartenente a nessuno.
La situazione del relitto è dunque ancor oggi sempre in quella situazione:
appartiene all'insieme degli assicuratori od ai loro eredi.
In queste condizioni, una delicata domanda si pone: chi è proprietario?
Se, come si può facilmente constatare, il frazionamento del capitale
garantito fu complesso, il relitto del TITANIC fu
un'entità indivisibile e si poteva immaginare altrettanto facilmente
un imbroglio giuridico da parte degli assicuratori qualora manifestassero
l'intenzione di utilizzare i diritti di proprietà. D'altra parte,
trovare oggi tutti gli eredi di un centinaio di piccoli assicuratori sarebbe
oggi un compito quasi irrealizzabile.
Inoltre la White Star Line non esercitò mai il suo diritto di proprietà
sui mobili e sulle attrezzature e non fece neanche atto d'abbandono.
La società non esiste più oggi: l'1 gennaio 1934, la White
Star Line si fuse con la sua concorrente, la Canard Line, per costituire
la Cunard White Star Line.
Dopo il naufragio, numerosi superstiti, parenti di vittime, uomini di affari
ed imprese, non coperti da un'assicurazione, si rivoltarono contro la White
Star Line e depositarono, presso i tribunali americani, domande di compensazione
per la perdita dei loro genitori, dei loro beni personali e delle loro merci.
La somma totale delle loro domande ammontava a 3.464.765 sterline.
Gli avvocati dei querelanti fecero valere che la negligenza della White
Star Line era la causa della catastrofe mentre gli avvocati della società
marittima cercarono di provare il contrario affermando che ciò non
esercitò alcun ruolo nel naufragio.
La White Star Line introdusse, inoltre, un'istanza in limitazione di responsabilità
per limitarsi finanziariamente all'importo del suo attivo, cioè ai
valori salvati. Queste compresero il valore delle 13 scialuppe di salvataggio
recuperate dalla Carpathia e quella dei biglietti pagati dai passeggeri.
Di fronte all'importo delle compensazioni richieste, la White Star Line
propose così la somma irrisoria di 20.159 sterline, vale a dire lo
0,58% del totale richiesto. I negoziati furono molto lunghi e solo il 28
luglio 1916, oltre 4 anni dopo la tragedia, e dopo che un accordo fu infine
concluso tra le parti, il giudice della Corte Federale degli Stati Uniti, Julius Mayer, a New York, firmò il decreto che mise il punto finale
a tutte le procedure. L'importo globale delle compensazioni fu stabilito
a 136.701 sterline, appena il 4% del totale richiesto, da distribuire tra
le quote proporzionali delle società reclamanti. Dal momento che
le società reclamanti furono compensate dalla White Star Line, la
proprietà dei loro beni, di fatto, venne trasferita alla società
marittima che, come nel caso del relitto, non esercitò mai i suoi
diritti e non fece mai atto d'abbandono.
Quanto alle società che non fecero reclami, i loro beni e le merci
perse, rimasero sempre di loro proprietà o quella dei loro eredi,
o, se nel caso fossero assicurati, la proprietà fu delle loro società
di assicurazioni. Nessuna dichiarazione d'abbandono di proprietà
fu formulata da parte loro. Ad esempio, nessuna assicurazione coprì quel
capolavoro che fu la sontuosa legatura della copia del Rubaiyat (un libro
di poesie persiane scritte da Omar Khayyam nell'undicesimo secolo) decorato
da 1500 pietre preziose, come pure della cassa di diamanti che appartennero
alla società mineraria di Beers.
In tutti i casi, infrastruttura e macchinario, mobili ed attrezzature del
TITANIC, beni dei passeggeri, carico, chiunque ne siano
oggi i proprietari, nessuno non rivendicò il suo diritto di proprietà.
Ciò lascia purtroppo la porta aperta all'inaccettabile: il saccheggio
del relitto e degli oggetti in fondo all'Atlantico. Numerosi esempi ne testimoniano.
Un'importante domanda di risarcimento, fu per il decesso del marito, Henry Burkhardt Harris, produttore di teatro di New York, depositato dalla sua vedova,
Irene Wallach Harris, per un importo
di 1 milione di dollari. La signora Charlotte Wardle Cardeza, miliardaria divorziata, richiese la più forte somma di
risarcimento per la perdita dei suoi effetti personali, 177.352,74
dollari. |