John Borland Thayer, 49 anni,
era vicepresidente della
società delle ferrovie della Pennsylvania. Con la sua famiglia, ritornava
da un viaggio in Europa dove fu ospite del console generale
americano a Berlino. Era accompagnato dalla moglie Marian Longstreth, 39 anni, e da
uno dei loro quattro figli, Jack John Borland Jr. (nella foto), di 17 anni. Tutti tre
si erano imbarcati a Cherbourg ed occuparono due cabine di prima classe,
la C68 e la C70.
Questa è la testimonianza del giovane Jack circa l'affondamento del TITANIC:
"Mio padre era coricato e mia madre ed io stesso eravamo sul punto di
fare altrettanto. Non ci fu un grande sballottamento. Ero in piedi in quel
momento e non credo che l'urto fosse sufficiente per fare cadere qualcuno.
Indossai un soprabito e salii precipitosamente sul ponte A del lato di
sinistra. Non vidi nulla. Allora mi recai verso poppa per vedere se ci
fossero tracce di ghiaccio. Il solo ghiaccio che vidi si trovava sul
ponte. Non potevo vedere, era molto lontano.
Ritornai alla mia cabina ed accompagnai mio padre e mia madre sul ponte A,
dal lato di dritta. Non vedemmo nulla di che. Mio padre pensò di
veder galleggiare dei piccoli pezzi di ghiaccio, ma io non ne vidi. Non
c'era traccia di iceberg.
Andammo a sinistra e fu allora che realizzai che la nave era leggermente
inclinata da quel lato. Rimanemmo lì circa cinque minuti. L'inclinazione
sembrò accentuarsi molto lentamente.
Ritornammo allora nelle nostre camere sul ponte C ed indossammo i nostri
giubbotti di salvataggio. Quindi risalimmo sul ponte A ed attendemmo il
momento in cui ordinarono alle donne di radunarsi a sinistra. Mio padre ed
io salutammo mia madre in cima alle scale del ponte A. Con la sua
domestica, uscì direttamente sul ponte A, a sinistra e noi andammo a
destra. In quel mentre, non avevamo idea che la nave avrebbe potuto
affondare e passeggiammo sul ponte A quindi scendemmo sul ponte B. Qui
incontrammo un cameriere della nostra sala pranzo che ci informò che mia
madre non era ancora salita sulla scialuppa e ci condusse fino ad essa.
Mio padre e mia madre erano davanti ed io li seguivo. Scesero sul ponte
B e mi trovai di fronte ad una moltitudine di persone che mi impedì di
raggiungerli. Li persi di vista. Fu l'ultima volta che vidi mio padre.
Appena riuscii a svincolarmi, provai a cercarli sul ponte B, ma senza
successo. Questo accadde circa una mezz'ora prima dell'affondamento.
Andai allora a destra, pensando che mio padre e mia madre avessero preso
posto in qualche scialuppa. Durante tutto questo tempo, ero in compagnia
di un tale chiamato Milton Clyde Long, di New York, che avevamo appena
conosciuto quella sera.
A destra, le scialuppe vennero calate in mare rapidamente. Alcune di
queste erano già fuori dalla visuale. Pensavamo di poter prendere posto in
una di queste, l'ultima che partì dal lato destro, ma vi fu una tale
folla che pensavo fosse imprudente tentare di salirci. Ero vicino ad una
delle gru che servivano per calare le scialuppe: mi guardai intorno ma non
c'era nessuno di mia conoscenza, eccetto il sig. Linley (???), che
anch'egli avevo conosciuto quella sera. Lo persi di vista nel giro di
alcuni minuti.
Milton Clyde Long ed io eravamo vicino al parapetto, vicino alla parte
posteriore del ponte di comando. L'inclinazione a sinistra non aveva cessato di
aumentare. Intanto, alcune persone iniziavano a buttarsi in acqua dalla
prua. Pensai di fare altrettanto, ma ebbi il timore di essere colpito. Tre
volte mi decisi di saltare, lasciarmi scivolare dalle funi della gru e
quindi di provare a nuotare verso le barche, ormai già distanti dalla
nave. Indeciso sul da farsi, allora rimasi ad attendere. Anche allora, si
pensava che il
TITANIC fosse inaffondabile.
Vidi, tra una fune delle gru, una stella ed osservai che questa si
abbassava progressivamente: in quel momento, il TITANIC
iniziò ad affondare abbastanza rapidamente, con un angolo di circa 30
gradi. Siccome cominciava ad affondare, lasciammo quel posto ed andammo
vicino al parapetto del secondo fumaiolo. Qui Milton Clyde Long ed io ci salutammo e
saltammo dal parapetto: Milton Clyde Long scavalcò la ringhiera, attese un minuto per
vedere se mi
decidevo ad andare anch'io. Gli risposi che arrivavo tra un momento.
Milton Clyde Long non saltò
realmente ma scivolò lungo la nave. Non lo rividi più.
Circa 5 secondi dopo di lui, saltai.
La nave sembrava circondata da un bagliore abbagliante che illuminava
quella notte, quasi come se fosse in fiamme. L'acqua lambiva ormai il
piede del primo fumaiolo. A bordo, una calca di gente si precipitò verso
la parte posteriore della nave, sempre più indietro, per raggiungere la
poppa che emergeva.
Il gran rumore e le urla continuarono, ogni tanto si udirono delle
detonazioni e gli stridii sordi delle caldaie e dei motori che si
strappavano dalle loro invasature e dalle loro basi.
Improvvisamente, tutta la struttura del TITANIC sembrò
rompersi in due, abbastanza chiaramente sulla parte anteriore, una parte s'inclinava
e l'altra si ergeva verso il cielo. Il secondo fumaiolo si strappò dalla
sua base lanciando un fascio di scintille. Io pensai che mi stette
piombando addosso e, di fatto, mi mancò di una decina di metri. Il
risucchio che provocò mi trascinò verso il fondo e dovetti dibattermi
nuotando, completamente esausto. Mentre fui trascinato verso il fondo e,
poiché la corrente mi fece risalire, fui spinto da una grande onda, che
si alzò, in mezzo ad una grande quantità di piccoli rottami. Ritirando
la mano dalla mia testa, toccai il bordo di un canotto di salvataggio
(canotto B). Aprii gli occhi e vidi sopra alcuni uomini e chiesi loro di
tendermi la mano. Uno di loro, un fuochista, mi aiutò a salire. In poco
tempo, il fondo (il canotto B era rovesciato!) fu coperto da una trentina
di uomini. Quando vi montai, avevo di fronte la nave.
I ponti del TITANIC erano leggermente orientati verso
noi. Si poteva vedere la gran massa delle migliaia di persone ancora a
bordo, che assicurata, le une alle altre, in gruppi, come uno sciame di
api, caddero in massa, da un'altezza di una settantina di metri, mentre la
poppa della nave si stagliava nel cielo fino a raggiungere un angolo di
65 o 70 gradi.
Là, la nave sembrò immobile, come se fosse sospesa, durante ciò che mi
parve durare molti minuti. Gradualmente si girò, come per nascondere alla
nostra vista questo spettacolo terribile. Osservai verso l'alto. Ero
giusto al di sotto delle tre enormi eliche. Durante quel momento, io
ebbi l'impressione che queste mi schiacciarono. Poi, udii il rumore terrificante
dell'implosione di tutte le ultime zavorre, ed il TITANIC
scivolò delicatamente nel mare.
Quando la poppa affondò, fummo aspirati verso essa, e poiché avevamo
soltanto un remo, potevamo soltanto avvicinarci. Non mi sembrò esserci molto risucchio e la maggior parte di noi decise di restare lì
ferma sul fondo della nostra zattera.
Eravamo allora giusto in mezzo a grandi resti, con la gente che nuotava
ovunque attorno a noi. Il mare era molto calmo e mantenemmo la zattera in
equilibrio abbastanza stabile, ma in qualsiasi momento un'onda ci poteva
spazzare via. Cantammo tutti e dicemmo una preghiera, quindi attendemmo
l'arrivo dell'alba.
Ogni volta che vedemmo le altre barche, urlavamo ma non poterono
distinguere le nostre grida fra le altre e dunque ci mettemmo il cuore in
pace, pensando che ciò fosse inutile.
Faceva molto freddo e nessuno era capace di muoversi per acquistare un po'
di calore, l'acqua ci bagnava per quasi tutto il tempo.
Verso l'alba, il vento si alzò ed il mare si fece increspato. Ciò
rese difficile il controllo del canotto. L'operatore radio che era con
noi (Harold Sydney Bride) ravvivò le nostre speranze dicendoci che la Carpathia
sarebbe stata qui tra circa tre ore. Verso 3:30 o alle 4, alcuni uomini
della nostra zattera, scorsero le lanterne del suo albero. Non le vidi.
Avevamo a bordo con noi il secondo ufficiale Charles Herbert Lightoller. Aveva un fischio
d'ufficiale e lo usò affinché le barche ci venissero in soccorso.
Occorse circa un'ora e mezza prima che le scialuppe arrivarono. Due di
queste (la
numero 4 e la numero 12) si avvicinarono: la numero 4 prese a
bordo una parte di noi, la seconda scialuppa il resto, tra cui io stesso.
Noi avemmo molte difficoltà ad equilibrare il canotto, ma tutti alla fine
fummo presi a bordo; circa mezz'ora o tre quarti d'ora più tardi, fummo
recuperati dalla Carpathia. "Avevo osservato", testimoniò il secondo ufficiale
Charles Herbert Lightoller,
"che John Borland Thayer si trovava sulla nostra zattera, e credetti che
fosse il padre". Si rese conto più tardi che ero io, poiché ebbe la
notizia del mio nome soltanto nel corso di un'ulteriore conversazione a
bordo della Carpathia.
Quando la zattera B fu raggiunta dalle scialuppe 4 e 12, ero così
impegnato a salire nella scialuppa che non osservai che sua madre era a
bordo della numero 4, ed ella era così intorpidita dal freddo che non mi
vide.
A bordo della Carpathia, un passeggero gentile mi diede un
pigiama ed il suo letto. Mi trascinai dicendo che il brandy che avevo
bevuto prima di saltare dal TITANIC era il primo
bicchiere d'alcool che bevevo, e mi addormentai".
Sulla Carpathia Jack John Borland Thayer Jr. vi trovò sua madre che gli chiese:
"Dove è papà?". Jack John Borland Thayer Jr. rispose: "Non sanno, madre": il
corpo di John Borland Thayer padre, se fu trovato, non fu mai identificato.
Successivamente Jack John Borland Thayer Jr. descrisse il naufragio al passeggero della Carpathia
Lewis Palmer Skidmore che disegnò gli schizzi che sottoriprodotti.
Il fatto interessante è che in questi disegni il TITANIC,
prima di affondare, si spezza in due, invece di affondare intatto come
sostennero a suo tempo sia Archibald Gracie che Lawrence Beesley: solo la
scoperta della prua nel 1985 risolse definitivamente la controversia,
proprio come Jack John Borland Thayer Jr. aveva asserito.
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