"L'intervista col telegrafista superstite del TITANIC coperta
dai diritti d'autore, comprende tre colonne dell'Evening News di
Londra che ne ha concesso la pubblicazione al New York Times.
Eccone i punti principali. Il telegrafista Harold Sydney Bride dice che egli si
era recato a sostituire il suo capo John Jack Phillips al posto radio-telegrafico,
quando il Capitano entrando nella cabina disse a John Jack Phillips: "Abbiamo urtato
contro un iceberg, tenetevi pronto a lanciare un appello di soccorso, ma
non fatelo fin quando ve l'avrò detto".
Passarono 10 minuti, il Capitano ritornò e disse: "Inviate l'appello".
- Quale appello? chiese John Jack Phillips.
- Quello che si trova nei regolamenti internazionali per un caso di
infortunio.
- Nient'altro che questo?
- Nient'altro.
E John Jack Phillips cominciò a trasmettere il segnale scherzando, perché,
soggiunse Harold Sydney Bride, noi non credevamo affatto ad un disastro. Ci volle molto
tempo ancora perché ci rendessimo conto della gravità della situazione.
Non dimenticherò mai nella mia vita il modo col quale il mio capo lavorò
durante una quindicina di minuti. Io gli posi sotto le ascelle una cintura
di salvataggio, senza che egli cessasse di lavorare. Continuava ad inviare
per l'aria le lettere S. O. S. segnalanti l'infortunio. Già era stata
lanciata la penultima scialuppa. Penetrai nella mia cameretta per prendere
il denaro di John Jack Phillips, allo scopo di consegnarglielo. Ritornando alla
cabina vidi un fuochista o un altro uomo dell'equipaggio che si piegava
al di sopra del mio capo, sempre all'apparecchio e che tentava di levargli
la cintura di salvataggio.
Allora io ho fatto il mio dovere. Spero bene di aver freddato questa
canaglia, l'ho lasciato giacente sul pavimento della cabina.
Il telegrafista John Jack Phillips corse alla parte posteriore della nave e non l'ho
più riveduto. La musica di bordo suonava un'aria popolare facile. Vidi
sul ponte una scialuppa pieghevole che parecchi uomini cercavano di aprire.
Andai per aiutarli, allorché fui portato via da un'ondata, che ci
trasportò con la scialuppa. Questa si era rovesciata ed ero rimasto sotto, ma
riuscii a liberarmi. Tutto intorno a me centinaia di uomini nuotavano,
sostenuti dalle cinture di salvataggio. Io nuotavo con tutte le mie forze
per allontanarmi dal TITANIC che affondava. Ero a 50 metri
allorché il TITANIC scomparve. Infine riuscii ad aggrapparmi al
canotto pieghevole. La scena intorno a me era terribile; alcuni uomini
nuotavano, altri venivano inghiottiti, parecchi uomini che come me erano
riusciti a prendere posto nella scialuppa, recitavano preghiere.
Infine fummo presi a bordo di un'altra scialuppa di salvataggio. Fui portato
sul ponte del Carpathia e poi all'infermeria. Vi ero già da
alcune ore, quando qualcuno venne a dirmi che il telegrafista del Carpathia
estenuato dal lavoro, stava male. Mi chiese se potevo aiutarlo, ma non
potevo camminare. Mi sembrava di avere i piedi rotti.
Mi recai però al posto telegrafico con l'aiuto di grucce presi la chiave
del telegrafo e non sono più uscito per un solo minuto dalla cabina
dell'apparecchio.
Il telegrafista del TITANIC era un giovane di 22 anni".
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