Lillian Getrude Asplund



 

TITANIC: ovvero tragedia e dolore. Il dramma del 14 aprile 1912, quando centinaia di persone morirono nell'affondamento del transatlantico, non finisce mai. L'oggetto struggente nell'immagine qui sopra (un orologio da panciotto che cessò di funzionare nel momento stesso del naufragio) appartenne al padre (deceduto nel disastro) di una sopravvissuta, Lillian Gertrude Asplund.

 


Lillian Gertrude Asplund

 

Scomparsa nel 2006 all'età di 99 anni, la signora di origini svedesi Lillian Gertrude Asplund (nella fotografia in un ritratto risalente all'epoca dell'affondamento), ne ebbe solo cinque quando, assieme ai genitori Carl Oscar e Selma Augusta Emilia ed ai quattro fratelli, si era imbarcata a Southampton alla volta di New York per ritornare negli Usa, dove la famiglia Asplund era emigrata alcuni anni prima. Lillian infatti nacque il 21 ottobre 1906 a Worcester nel Massachusetts: ella aveva un fratello gemello, Carl Edgar, e due fratelli maggiori: Filip Oscar, nato nel 1898 e Clarence Gustaf, nato nel 1902. Un quarto fratello, Edvin Rojj Felix, era nato nel 1909.

 


Selma Augusta Emilia e Carl Oscar Asplund

 

Nei primi mesi del 1912, Carl e Selma decisero di tornare negli Stati Uniti con i loro cinque figli: con i sette biglietti di terza classe in mano, Carl e la sua numerosa famiglia attraversarono l'intera Svezia e giunsero a Southampton il 10 aprile. Lillian ricordava che il TITANIC "fu molto grande ed era appena stato verniciato: non gradii l'odore di vernice fresca".
Quando il TITANIC colpì l'iceberg alle 23:40 del 14 aprile, il padre Carl svegliò tutta la famiglia; mise tutte le carte importanti, compreso i soldi, nella tasca della sua giacca. Lillian, la madre Selma ed il piccolo Felix vennero invitati a prendere posto sulla scialuppa di salvataggio numero 15. Anni fa Lillian in un'intervista ricordava di come venne fatta passare attraverso un oblò (più tardi identificato come un ponte di prima classe). Lillian rammentava che "mia madre avrebbe preferito rimanere con mio padre, ed andare giù con la nave", ma ha ricordato anche che "mio padre rispose che i bambini non avrebbero dovuto essere lasciati soli. Mia madre allora prese Felix in braccio e lo tenne fra le sue ginocchia". I volti del padre e dei tre fratelli (compreso un gemello) rimasti a bordo perseguitarono Lillian per il resto della vita. Successivamente descrisse il transatlantico che si inabissò nelle gelide acque nere dell'Oceano simile "ad una grande costruzione che crollò".

 


Lillian e Felix

 

Lillian, la madre ed il fratello vennero recuperati dalla Carpathia: Lillian e Felix (nella fotografia sopra) furono caricati in ruvidi sacchi di tela e vennero sollevati sino a bordo della nave salvatrice. Una volta sulla Carpathia, Lillian ricordava che "una donna prese dei nuovi vestiti per me. I miei indumenti erano molto sporchi e bagnati. Intanto mia madre stava provando a cercarmi. Andava in giro dicendo, "Ho una figlia!". Bene, dopo mi trovò".

 


La registrazione avvenuta sulla Carpathia con i nome degli Asplund

 

La Carpathia arrivò a New York il 18 aprile: nella confusione regnante dopo il disastro, un giornale di Worcester segnalò la notizia che i coniugi Asplund sopravvissero, lo stesso per i figli Clarence, Felix e Lillian mentre Carl e Filip annegarono. Un rapporto successivo scrisse che Selma ed i suoi "due bambini", erano degenti presso un ospedale locale mentre il marito Carl ed il figlio Clarence erano stati ricoverati in un altro nosocomio. Una relazione finale ha confermato che né Carl padre né Carl figlio né Clarence né Filip erano fra i superstiti.
Dopo che era stato in balia delle acque ghiacciate dell'Atlantico settentrionale per ben dodici giorni, il corpo di Carl Oscar Asplund fu recuperato e contrassegnato dal numero 142. Come detto egli aveva posto i suoi documenti nella tasca della sua giacca ed aveva indosso il giubbotto di salvataggio: i suoi documenti furono recuperati insieme al suo orologio da tasca ed all'anello nuziale. Il corpo successivamente fu sepolto in un cimitero di Worcester.


 
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