Post naufragio




 

Altro interessantissimo resoconto dei momenti post naufragio riguarda l'aspetto dei soccorsi ai naufraghi.
Va precisato che il TITANIC s'inabissò alle 2:20 circa in un mare gelido come quelli polari: la temperatura rilevata fu di -2° C, una temperatura più che sufficiente per il congelamento in acqua dolce e praticamente al limite per l'acqua marina salata (che ne abbassa il punto di congelamento). In tali condizioni, a partire dagli 0° C, anche il più allenato corpo umano, può resistere massimo tra i 10 e i 15 minuti prima dell'assideramento e conseguente arresto cardiaco, con inizio d'ipotermia già dopo pochissimi minuti! Il corpo umano così tende a fare defluire il sangue dalle estremità degli arti per concentrarlo in tutti gli organi vitali interni (come cervello, cuore, polmoni, eccetera). Quindi per chiunque vi sia immerso, se non ha un sostegno galleggiante o un giubbotto di salvataggio o anche semplicemente di un salvagente, l'ipotermia toglierebbe forza e sensibilità agli arti fino a farlo annegare.
Il secondo ufficiale Charles Herbert Lightoller, descriverà la sua personalissima sofferenza del contatto con l'acqua gelida con la celebre battuta, presa successivamente "in prestito" da Leonardo Di Caprio nel kolossal di Cameron: "E' come essere pugnalato contemporaneamente e ovunque da mille lame". Si salverà miracolosamente venendo letteralmente "sparato" sulla superficie dell'oceano da uno sfogo d'aria della nave dopo esservi stato risucchiato: avrebbe poi guidato e messo in salvo i suoi compagni naufraghi del canotto pieghevole B capovolto, in uno stremante gioco d'equilibrio.
Passando alle scialuppe che torneranno a soccorrere i naufraghi, sventuratamente rimasti in acqua in balia dei detriti attorno al punto di affondamento, occorre menzionare il ruolo della scialuppa n. 4 (l'ultima lancia "convenzionale") calata da babordo (alla 1:50) con circa 30, 35 al massimo, persone a bordo di essa, ed affidata alla guida del timoniere Perkins, che raccolse altri 7 superstiti subito dopo l'affondamento (ma ne morirono subito 2 per assideramento). Quando si unì alla "flottiglia di Lowe" dunque vi erano a bordo poco meno di una cinquantina di occupanti.
Dopo un po' di tempo dall'inabissamento della nave, vi fu solo la scialuppa n. 14, del citato Harold Lowe, che tentò un ultimo (ma tardivo) recupero dei naufraghi dalle gelide acque. L'ufficiale dapprima si diede il suo daffare nel raggruppare in una "flottiglia" quattro scialuppe (la 4, la 10, la 12 e la sua 14), a cui si aggiunse in seguito il canotto D (ultima imbarcazione di salvataggio del TITANIC "regolarmente ammainata"  cioè con il supporto delle gru di bordo, alle 2:05), quindi decise di ridistribuire l'enorme carico di oltre sessanta persone (tanti erano i naufraghi inizialmente sulla scialuppa n. 14) fra le altre tre barche.
Fu almeno un'ora più tardi che, con i solo 4 marinai, partì dirigendosi verso la zona dei detriti dove c'erano non meno di un migliaio di sventurati in acqua. A quel punto, navigando lentamente, alla cieca e in piena notte, illuminato solo dal chiarore stellare e da piccoli fuochi d'emergenza verdi, facendosi largo attraverso un mucchio di cadaveri, l'imbarcazione di Lowe riuscì a trarre in salvo solo 3 superstiti dei quali uno morì quasi subito. L'ultima persona avvistata ancora in vita e recuperata fu un cinese, che per tutto quel tempo si era tenuto miracolosamente in equilibrio precario a carponi su una grossa tavola galleggiante per sostegno: quest'ultimo, nonostante fosse solo ad una ventina di metri dalla barca soccorritrice, fu raggiunto solo dopo una ulteriore mezz'ora. Essendo come scritto nel buio più totale, Lowe e gli altri poterono individuarlo solo ad orecchio e dai deboli lamenti emessi dall'uomo.
In tutto questo si riassume l'enormità della tragedia del TITANIC.
Si disse che la stragrande parte dei superstiti, al "riparo" sulle scialuppe di salvataggio, furono egoisticamente spietati pensando solo alla loro salvezza quando almeno svariate centinaia di sfortunati in acqua potevano essere salvati invece che lasciati agonizzare in un mare gelido. Ma c'è anche da considerare che, tristemente, quei poveretti agonizzanti e terrorizzati nella foga di salvarsi da una morte dolorosamente orribile: proprio perché in preda all'unico primordiale istinto di sopravvivenza dell'uomo, ogni scialuppa che fosse andata in loro aiuto, avrebbe potuto soccombere recando con sé anche i loro salvatori. L'unica alternativa sarebbe stato un numero sufficiente di scialuppe per tutti.


 
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